Ecco qua.
Finita la prima stesura.
Di cosa?
Be', niente, di un romanzo riguardante un periodo pressoché sconosciuto della nostra storia, che si aggira intorno al secolo VI. Il 500, appunto.
Storie di re ed eroi, imperatori e macchinatori, e barbari, tanti barbari. Ma non vi preoccupate, avremo tempo per parlarne più avanti, con molta calma.
E nel frattempo?
O, di tanto in tanto, diciamo una volta a settimana, preferibilmente il lunedì, si potrebbe staccare un po', dedicarsi a un altro tipo di scrittura, come quella di articoli, ad esempio.
Badate bene, non fate i cinici adesso: non lo faccio per farmi pubblicità. Ok, non solo. Ma chiamiamolo pure un atto d’amore nei confronti del mio primo romanzo e di quelli che seguiranno, della mia scrittura che finalmente posso chiamare “lavoro” e dei personaggi che per anni mi hanno corteggiata, e tormentata, e spronata fino al punto di diventare compagni del mio quotidiano. Spero di rendere loro un servizio nel far rivivere la loro gloria non tanto nella storia, perché quel posto ce l'hanno già, ma in una storia, come dice Einstein là sopra in cima all'intestazione del blog, affinché la loro memoria non venga dimenticata tra le pagine di un vecchio libro di scuola, ma riviva e rimanga, per una vita o per qualche ora, nell'immaginario degli amanti delle belle narrazioni.
Perché, vale la pena di sottolinearlo sempre: la lettura è sempre e solo puro e semplice divertimento.
Di cosa?
Be', niente, di un romanzo riguardante un periodo pressoché sconosciuto della nostra storia, che si aggira intorno al secolo VI. Il 500, appunto.
Storie di re ed eroi, imperatori e macchinatori, e barbari, tanti barbari. Ma non vi preoccupate, avremo tempo per parlarne più avanti, con molta calma.
Ma ora? Cosa si fa, adesso che il manoscritto è
finito?
Tutti, ma proprio tutti gli scrittori, presunti o
reali, suggeriscono di lasciarlo stare, farlo cuocere nel proprio
brodo, lontano dagli occhi e dal cuore per almeno almeno quattro-otto settimane. Io questa fase l'ho già passata, e potrei dire di
averlo davvero finito, questo benedetto romanzo, se non fosse che
sia convinta che una buona ultima rilettura non faccia mai male. E
quindi, altre quattro-otto settimane di attesa, tanto per scordarsi
un pochino almeno le virgole, per poi ricominciare a leggere ad alta
voce, sottolineare, sostituire, e cose del genere.
Quindi, ancora una volta impacchetto il file,
gli appunti e tutto il malloppo di documenti raccolti alla rinfusa,
li getto in un antro remoto della mia chiavetta, ne faccio una copia
da qualche parte perché, si sa, non si sa mai, e non ci penso più.
Per qualche mesetto ancora. Va be', facciamo qualche settimana.
E nel frattempo?
Eh... Il problema non e' trovare cose da fare, a dire
la verità. Perché già altri romanzi mi saltano
alle spalle in una lotta non proprio alla pari, chiedendomi
attenzioni e amorevoli cure. Questi piccoli tiranni non hanno proprio
intenzione di lasciarmi respirare, nemmeno il tempo di prendere un
caffè.
Allora, tanto per distrarsi, si potrebbe pensare di iniziare qualche altro genere di
progetto. Racconti di varia natura, ad esempio. Anche perché, diciamolo, non è che il mio portfolio ne vanti
proprio in gran quantità.
Ma poi, una volta scritto, il racconto deve
fermentare almeno quanto il romanzo. Altri tempi calmi in cui
scrivere altri romanzi, altri racconti...
O, di tanto in tanto, diciamo una volta a settimana, preferibilmente il lunedì, si potrebbe staccare un po', dedicarsi a un altro tipo di scrittura, come quella di articoli, ad esempio.
Articoli per un blog.
Un blog che parli della mia esperienza come
scrittrice, ma anche come lettrice, visto che le due cose vanno
sempre a braccetto. E, naturalmente, del VI secolo, secolo buio
che val la pena di illuminare, visto che pochi si ricordano
quali grandi cambiamenti ha subito l'Europa e soprattutto l'Italia in
quel centinaio di anni.
Così, dopo attente considerazioni durate il tempo di
quel famoso caffè, mi appresto ad aprire un blog.
Badate bene, non fate i cinici adesso: non lo faccio per farmi pubblicità. Ok, non solo. Ma chiamiamolo pure un atto d’amore nei confronti del mio primo romanzo e di quelli che seguiranno, della mia scrittura che finalmente posso chiamare “lavoro” e dei personaggi che per anni mi hanno corteggiata, e tormentata, e spronata fino al punto di diventare compagni del mio quotidiano. Spero di rendere loro un servizio nel far rivivere la loro gloria non tanto nella storia, perché quel posto ce l'hanno già, ma in una storia, come dice Einstein là sopra in cima all'intestazione del blog, affinché la loro memoria non venga dimenticata tra le pagine di un vecchio libro di scuola, ma riviva e rimanga, per una vita o per qualche ora, nell'immaginario degli amanti delle belle narrazioni.
Lo so, il mio sembra un obiettivo ambizioso, quasi
presuntuoso. Eppure non per questo impossibile.
Mi auguro di riuscire a trasmettere anche a voi il desiderio di vedere le loro vicende lette e apprezzate,
affinché il loro ricordo si conservi.
E mi auguro, allo stesso tempo, di riuscire a farvi divertire davvero con le loro avventure.
Perché, vale la pena di sottolinearlo sempre: la lettura è sempre e solo puro e semplice divertimento.
E poi, chi vivrà, vedrà.
Pronti ad accompagnarmi in questa nuova avventura?
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