mercoledì 26 luglio 2017

I classici e il puro divertimento della lettura

Preso da Sabin Boykinov, deviantart.com. Riferimento al Mare d'Erba di Hyperion, Dan Simmons

Come ormai è chiaro, non riesco a mantener fede al proposito di pubblicare almeno due post a settimana. Anzi, ancor peggio: ormai non riesco nemmeno più a rispettare l'appuntamento del giorno fisso!

Purtroppo è la solita questione del tempo: non si riesce mai a organizzarlo come si vorrebbe, troppe variabili a influenzare il normale svolgimento della giornata. E non che non mi ci metta di buona volontà. Niente distrazioni sul web, niente chiacchierate tra amici e parenti durante le ore di lavoro, pochi, anzi, pochissimi blog da seguire.

Uno di questi ultimi è Strategie evolutive, di Davide Mana. E vi parlo oggi proprio di lui a causa di questo bel post di qualche tempo fa: Leggere un classico durante le vacanze estive.
Davide Mana ci spiega perché secondo lui vale la pena di leggere i classici.
Leggere dei classici ci aiuta a tenere a bada il cosiddetto analfabetismo culturale, che non significa non capire ciò che si legge, ma non cogliere i riferimenti annidati in ciò che si legge.

Leggendo questo trafiletto, posso confessare di aver avuto un'illuminazione. Analfabetismo culturale, qualcosa di molto più sottile che non la semplice ignoranza, che si traduce poi in un semplice non cogliere i riferimenti annidati in ciò che si legge.
Alcuni potrebbero dire: "E cosa c'è di tanto fico nei riferimenti annidati?"
Ebbene, mi verrebbe da rispondere semplicemente: il divertimento. Perché se la lettura, come mi sembra che sia, non è altro che intrattenimento, parte del divertimento sta nel cogliere le strizzatine d'occhio che l'autore ti lancia nei momenti meno attesi.
Inutile negare che molte di queste strizzatine d'occhi rimandano ad altri contesti, spesso letterari. 

Certo, lo so, lo scopo dello scrittore, nel momento in cui ammicca, può essere di vario genere: criticare, ironizzare, dar forza alle sue tesi, ecceteraeccetera.
Anche sviluppare la capacità di accorgersi di quello che l'autore vuole dire o propagandare o anche solo criticare, al di là di tutto il divertimento, anche questo dovrebbe essere uno dei motivi per cui i classici andrebbero letti, lo so. Ma oggi non mi va di fare la maestrina e questa parte della tirata la lascio ad altri tempi, o ad altri personaggi.

Ma per tornare al divertimento dei riferimenti e far capire il punto, prendiamo ad esempio Bridget Jones. 
Cosa sarebbe Bridget Jones senza i suoi continui rimandi a Mr Darcy di Orgoglio e pregiudizio, il classico di Jane Austen? 
Una commediola godibile, ma forse solo un terzo di quanto lo è conoscendo da cosa attinge.
E a questo punto sarebbe simpatico analizzare la struttura o l'ironia o gli stessi personaggi de Il diario di Bridget Jones in funzione del capolavoro di Jane Austen. Ma, come si diceva, il tempo è poco... Magari in un'altra vita.

Se a una buona parte dei lettori queste possono sembrare conturbazioni mentali, a un'altra buona parte questi deliziosi giochini divertono. E, come si diceva, non è forse il divertimento lo scopo di ogni tipo di passatempo, lettura inclusa?

Ma qui giunge un'obiezione superba: a me piacciono i generi leggeri, minori, senza troppe pretese. Solo per rilassarmi...

Già, perché mai fare tutta questa fatica per leggersi un paio di classici se poi il libro più bello che ti è capitato sottomano quest'estate è un Sci-fi comprato su una bancarella a quattro soldi?

E qui volevo arrivare!

Perché anche per me il libro che per ora ho letto con più gusto quest'estate è stato un romanzo di fantascienza: Hyperion di Dan Simmons, e l'ho trovato superbo, ma non solo perché ben scritto e concepito.
I mille riferimenti al mondo dei classici: questo fa di Hyperion un'opera indimenticabile. 
E quando dico riferimenti, non dico scopiazzature, ma ripresa e sviluppo di situazioni e personaggi classici in chiave fantascientifica. 

Innanzi tutto, come anche Wikipedia ci informa, Simmons ha basato la struttura del suo testo sui Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, scrittore inglese del XIV secolo.
Il titolo Hyperion, poi, fa riferimento al poema di John Keats Iperione, appunto. E nel romanzo ci sono talmente tanti spunti tratti da autori classici (e per classici intendo non solo classici della letteratura colta, come appunto Chaucer o Keats, ma anche di quella di genere), che anche io, non proprio una letterata di prim'ordine, riesco a scovarli. E la cosa più simpatica è che mi diverto a farlo.

Cronache medievali, con tanto di battaglia di Hastings -1066 (accuratissima, tanto che ho creduto per un momento di ritrovarmi sbalzata in un romanzo storico. Ma no! È un trucchetto! Siamo sempre nel ventisettesimo secolo, la Terra è morta e si viaggia tramite i portali tra i mondi della rete); riferimenti a personaggi indimenticabili come Romeo e Giulietta; vite di poeti e di intelligenze artificiali; la Bibbia e il Talmud e la loro essenza ben spiegata - e compresa!
E ancora, richiami ai classici della fantascienza: H. G. Wells, con La macchina del tempo, ma anche The stars my destination di Alfred Bester, di cui parlai secoli fa in un altro blog.
E chissà quanti altri che ora mi sfuggono o che ancora non ho incontrato nella mia carriera di lettrice.
E tutto così abilmente amalgamato nella storia che persino una lettura del tutto indifferente ai richiami citati risulta godibile. Certo, non come quando si scoprono gli ammiccamenti dell'autore, ci tengo a sottolinearlo.

Lo so, forse è anche riduttivo relegare i mostri sacri della letteratura al semplice gioco di decifrare i romanzetti letti in spiaggia. Eppure io ci metterei anche questo come motivo per leggerli: amplificare il puro e semplice divertimento della lettura.

E poi, certo, conoscere da dove veniamo e come ci siamo arrivati non può far male. Ci si può arrivare studiando un po' di storia, ma anche leggendo un po' di letteratura.
E delle due cose, io non saprei proprio quale scegliere. Perché non tutte e due, quindi?



2 commenti:

  1. Riflessione interessante. Il problema è che oggi, appunto, si preferisce leggere romanzetti da 4 soldi. I ragazzi impazziscono per la bassa letteratura, come la trilogia Divergent (scrittura che lascia a desiderare e soprattutto trilogia puramente commerciale), Hunger Games (idem come sopra) o, peggio, Maze Runner (scritto veramente coi piedi, per fortuna ho preso solo il primo).
    Pochi conoscono i classici, che io invece continui a comprare, a leggere e a preferire ai romanzi moderni.

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    1. Eppure anche quelli, i romanzetti da quattro soldi, non arrivano dal nulla. Sicuramente i loro autori hanno sviluppato semi che qualcun altro aveva gettato, perché la scrittura, ma diciamo anche la tradizione narrativa nel senso più ampio, non nasce mai dal nulla. Ricordo, ad esempio, i miti classici, il modo in cui si sono trasformati durante i secoli (vedi Ariosto, Tasso) fino ai giorni nostri. Avete presente quel cartone... Pollon, mi sembra?
      Io sarò anche strana, ma riuscire a capire quali sono le influenze mi fa apprezzare il testo di più.

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