Preso da Sabin Boykinov, deviantart.com. Riferimento al Mare d'Erba di Hyperion, Dan Simmons |
Come ormai è chiaro, non riesco a mantener fede al
proposito di pubblicare almeno due post a settimana. Anzi, ancor
peggio: ormai non riesco nemmeno più a rispettare l'appuntamento del
giorno fisso!
Purtroppo è la solita questione del tempo: non si
riesce mai a organizzarlo come si vorrebbe, troppe variabili a
influenzare il normale svolgimento della giornata. E non che non mi
ci metta di buona volontà. Niente distrazioni sul web, niente
chiacchierate tra amici e parenti durante le ore di lavoro, pochi,
anzi, pochissimi blog da seguire.
Davide Mana ci spiega perché secondo lui vale la
pena di leggere i classici.
Leggere dei classici ci aiuta a tenere a
bada il cosiddetto analfabetismo culturale, che non significa
non capire ciò che si legge, ma non cogliere i riferimenti annidati
in ciò che si legge.
Leggendo questo
trafiletto, posso confessare di aver avuto un'illuminazione.
Analfabetismo culturale, qualcosa di molto più sottile
che non la semplice ignoranza, che si traduce poi in un semplice
non cogliere i riferimenti annidati in ciò che
si legge.
Alcuni potrebbero dire: "E cosa c'è di tanto
fico nei riferimenti annidati?"
Ebbene, mi verrebbe da rispondere semplicemente: il
divertimento. Perché se la lettura, come
mi sembra che sia, non è altro che intrattenimento, parte del
divertimento sta nel cogliere le
strizzatine d'occhio che l'autore ti lancia nei momenti meno attesi.
Inutile negare che molte di queste strizzatine
d'occhi rimandano ad altri contesti, spesso letterari.
Certo, lo so, lo scopo dello scrittore, nel momento in cui ammicca, può essere di
vario genere: criticare, ironizzare, dar forza alle sue tesi, ecceteraeccetera.
Anche sviluppare la capacità di accorgersi di quello che
l'autore vuole dire o propagandare o anche solo criticare, al di là
di tutto il divertimento, anche questo dovrebbe essere uno dei motivi
per cui i classici andrebbero letti, lo so. Ma oggi non mi va di fare
la maestrina e questa parte della tirata la lascio ad altri tempi, o ad altri personaggi.
Ma per tornare al divertimento dei riferimenti e far capire il punto, prendiamo ad esempio Bridget
Jones.
Cosa sarebbe Bridget Jones senza i suoi continui rimandi a
Mr Darcy di Orgoglio e pregiudizio, il classico di Jane
Austen?
Una commediola godibile, ma forse solo un terzo di quanto lo
è conoscendo da cosa attinge.
E a questo punto sarebbe simpatico analizzare la
struttura o l'ironia o gli stessi personaggi de Il diario di
Bridget Jones in funzione del capolavoro di Jane Austen. Ma, come si diceva, il tempo è poco... Magari in un'altra vita.
Se a una buona parte dei lettori queste possono
sembrare conturbazioni mentali, a un'altra buona parte questi
deliziosi giochini divertono. E, come si diceva, non è forse il
divertimento lo scopo di ogni tipo di passatempo, lettura inclusa?
Ma qui giunge un'obiezione superba: a me piacciono
i generi leggeri, minori, senza troppe pretese. Solo per
rilassarmi...
Già, perché mai fare tutta questa fatica per leggersi un paio di classici se poi il libro più bello che ti è capitato sottomano
quest'estate è un Sci-fi comprato su una bancarella a quattro soldi?
E qui volevo arrivare!
Perché anche per me il libro che per ora ho letto
con più gusto quest'estate è stato un romanzo di fantascienza: Hyperion
di Dan Simmons, e l'ho trovato superbo, ma non solo perché ben
scritto e concepito.
I mille riferimenti al mondo dei classici: questo fa
di Hyperion un'opera indimenticabile.
E quando dico riferimenti, non
dico scopiazzature, ma ripresa e sviluppo di situazioni e personaggi
classici in chiave fantascientifica.
Innanzi tutto, come anche Wikipedia ci informa,
Simmons ha basato la struttura del suo testo sui Racconti di
Canterbury di Geoffrey Chaucer, scrittore inglese del XIV secolo.
Il titolo Hyperion, poi, fa riferimento al poema di John Keats Iperione, appunto. E nel romanzo ci sono talmente tanti spunti tratti da autori classici (e per classici intendo non solo classici della letteratura colta, come appunto Chaucer o Keats, ma anche di quella di genere), che anche io, non proprio una letterata di prim'ordine, riesco a scovarli. E la cosa più simpatica è che mi diverto a farlo.
Il titolo Hyperion, poi, fa riferimento al poema di John Keats Iperione, appunto. E nel romanzo ci sono talmente tanti spunti tratti da autori classici (e per classici intendo non solo classici della letteratura colta, come appunto Chaucer o Keats, ma anche di quella di genere), che anche io, non proprio una letterata di prim'ordine, riesco a scovarli. E la cosa più simpatica è che mi diverto a farlo.
Cronache medievali, con tanto di battaglia di
Hastings -1066 (accuratissima, tanto che ho creduto per un momento di
ritrovarmi sbalzata in un romanzo storico. Ma no! È un trucchetto!
Siamo sempre nel ventisettesimo secolo, la Terra è morta e si
viaggia tramite i portali tra i mondi della rete); riferimenti a
personaggi indimenticabili come Romeo e Giulietta;
vite di poeti e di intelligenze artificiali; la Bibbia e il Talmud e
la loro essenza ben spiegata - e compresa!
E ancora, richiami ai classici della
fantascienza: H. G. Wells, con La
macchina del tempo, ma anche The
stars my destination di Alfred Bester,
di cui parlai secoli fa in un altro
blog.
E chissà quanti altri che ora mi sfuggono o che
ancora non ho incontrato nella mia carriera di lettrice.
E tutto così abilmente amalgamato nella storia che
persino una lettura del tutto indifferente ai richiami citati risulta
godibile. Certo, non come quando si scoprono gli ammiccamenti
dell'autore, ci tengo a sottolinearlo.
Lo so, forse è anche riduttivo relegare i mostri
sacri della letteratura al semplice gioco di decifrare i romanzetti letti in spiaggia. Eppure io ci metterei anche questo come motivo per
leggerli: amplificare il puro e semplice divertimento della lettura.
E poi, certo, conoscere da dove veniamo e come ci
siamo arrivati non può far male. Ci si può arrivare studiando un
po' di storia, ma anche leggendo un po' di letteratura.
E delle due cose, io non saprei proprio quale
scegliere. Perché non tutte e due, quindi?
Riflessione interessante. Il problema è che oggi, appunto, si preferisce leggere romanzetti da 4 soldi. I ragazzi impazziscono per la bassa letteratura, come la trilogia Divergent (scrittura che lascia a desiderare e soprattutto trilogia puramente commerciale), Hunger Games (idem come sopra) o, peggio, Maze Runner (scritto veramente coi piedi, per fortuna ho preso solo il primo).
RispondiEliminaPochi conoscono i classici, che io invece continui a comprare, a leggere e a preferire ai romanzi moderni.
Eppure anche quelli, i romanzetti da quattro soldi, non arrivano dal nulla. Sicuramente i loro autori hanno sviluppato semi che qualcun altro aveva gettato, perché la scrittura, ma diciamo anche la tradizione narrativa nel senso più ampio, non nasce mai dal nulla. Ricordo, ad esempio, i miti classici, il modo in cui si sono trasformati durante i secoli (vedi Ariosto, Tasso) fino ai giorni nostri. Avete presente quel cartone... Pollon, mi sembra?
EliminaIo sarò anche strana, ma riuscire a capire quali sono le influenze mi fa apprezzare il testo di più.