lunedì 12 giugno 2017

Favole e storia



Fin dall'inizio dei tempi le favole sono sempre state raccontate per intrattenere grandi e piccoli, per educare, per sublimare paure note e ignote, per trasmettere saggezza e regole di comportamento al loro pubblico.
Al giorno d'oggi esse sono considerate una letteratura per bambini, ma c'era una volta in cui la sottile distinzione tra favola e realtà non era poi così marcata e l'invenzione si trasformava in storia, mentre la storia diveniva mito, che altro non è che un frammento storico imbellettato di elementi fantastici.
Ma se da una parte siamo abituati a trovare elementi più che fantastici in testi ampiamente rielaborati dall'estro popolare come, ad esempio, accade nelle saghe, un poco meno ci aspettiamo di trovare dei racconti dal sapore fiabesco nelle cronache dichiaratamente storiche.

Tuttavia, nelle Guerre persiane di Procopio di Cesarea, il maggiore storico del VI secolo, non è impossibile trovare delle narrazioni che hanno tutta l'apparenza di fiabe popolari.
Un esempio: la storia della perla del re dei re persiano Peroz.

Ma prima di parlare della perla, sarà meglio farci raccontare da Procopio chi fosse il re Peroz.

Nel V secolo, la terra dei persiani confinava a occidente con l'impero romano e a oriente con il regno degli Eftaliti, genti chiamate dai romani unni bianchi, anche se in verità non avevano niente in comune con gli unni veri e propri.
A quel tempo il maggior pericolo per i persiani era costituito proprio dagli Eftaliti e per questo il re dei re Peroz decise di invadere le loro terre con una sorta di strategia preventiva. Il re chiamò i suoi trenta figli e tutto l'esercito e si apprestò ad attaccare i temibili nemici.
Ma gli Eftaliti non si fecero cogliere di sorpresa e, all'insaputa dei persiani, appena avuto sentore della prossima invasione, si misero a scavare una profonda trincea per poi ricoprirla di pertiche e sabbia, fino a farla diventare invisibile agli occhi del nemico. Solo nel mezzo della lunga trincea fu lasciato intatto un piccolo lembo di terra, un ponte che permetteva il passaggio di non più di dieci cavalli alla volta.
Quando l'esercito di Peroz si trovò in vista della capitale, un piccolo manipolo di cavalieri Eftaliti si precipitò oltre la trincea a provocarlo. L'esiguo squadrone riuscì talmente bene nel suo compito che il re dei re e i suoi figli e tutto l'esercito si lanciarono a rotta di collo al loro inseguimento, ignorando ogni prudenza. Ma mentre i cavalieri trovarono facilmente scampo attraverso il passaggio noto solo a loro, i persiani, non rendendosi conto del tranello, precipitarono rovinosamente nel fossato e morirono tutti, schiacciati dai cavalli e dai loro stessi compagni.

Procopio ci dice che alcuni videro Peroz nel momento in cui si rese conto della trappola e che il suo ultimo pensiero fu quello di sfilarsi la perla che portava all'orecchio per gettarla lontano, affinché il nemico non la trovasse. Perché quella perla non solo valeva uno sproposito, ma aveva già conquistato grande fama su tutta la terra, tanto che persino l'imperatore romano aveva promesso di pagare grandi ricchezze pur di appropriarsene. Nonostante questo, nessuno riuscì a ritrovarla e la famosa perla di Peroz divenne leggenda.

A questo punto della narrazione l'uomo di guerra che è Procopio dubita: possibile che nell'ultimo istante di vita il re dei re pensi solo al modo di non far arrivare la sua perla nelle mani degli Eftaliti?
Ma poi, a ben pensarci, non è del tutto impossibile, ci fa intuire lo storico. Basta ascoltare la storia della perla per rendersene conto.

E qui la favola inizia.

Secondo quanto riportato dai persiani, la perla di Peroz fu deposta nel mare che bagna le terre persiane, non lontano dalla spiaggia, in una ostrica che usava nuotare tenendo sempre aperte le sue valve, quasi a far mostra del suo tesoro. Un giorno, uno squalo notò la perla e si innamorò di lei a tal punto da non riuscire a starne lontano. Persino quando affamato il pesce non faceva altro che allontanarsi per pochi minuti, il tempo necessario per procurarsi veloci bocconi e tornare a contemplare il suo tesoro.
Un pescatore del luogo notò la strana meraviglia, ma per terrore dello squalo non osò mai tentare di pescare l'ostrica. Quando l'uomo riferì lo strano fatto al re dei re Peroz, questi non resistette alla curiosità e gli chiese di procurargliela. Il pescatore non era un folle, non poteva di certo rifiutarsi. Ma sapeva anche che scarse erano le possibilità di tornare sano e salvo dall'impresa. Così accettò, ma non senza estorcere al re la promessa che, nel caso in cui non fosse sopravvissuto alla pesca della perla, il re si sarebbe preso cura del futuro dei suoi figli. Peroz accettò e il pescatore si pose all'opera.
Dopo una lunga attesa, lo squalo si allontanò finalmente dalla sua ostrica e l'uomo corse ad afferrarela. Era già giunto nei pressi della spiaggia con il suo bottino quando il pesce si accorse dell'inganno e corse inferocito a riprendersi il suo bene. Il pescatore fece appena in tempo a gettare la perla sulla spiaggia, dove altri lo attendevano, prima che lo squalo lo afferrasse e lo riducesse a brandelli.
Fu così che la perla meravigliosa finì sull'orecchio del re dei re Peroz e i figli del pescatore furono ricompensati per l'atto eroico del loro genitore con grandi doni. O cariche. O cose del genere.

Nell'opera di Procopio appaiono spesso racconti dal sapore fantastico. A volte sono favole, altre volte profezie, divinazioni e persino rivisitazioni di saghe e leggende: storie che Procopio espone nel tessuto narrativo su uno stesso piano col fatto storico senza tentare una gerarchizzazione. È come se per il solo fatto di essere stato riportato da testimoni, il fatto, reale o di fantasia, abbia acquistato il diritto di essere registrato.

Certo, a volte Procopio non si esime dall'esporre la sua opinione. Tuttavia il suo tono non risulta mai perentorio, ma piuttosto diplomatico, se mi concedete il termine.
Anche nella storia della perla del re Peroz lo storico esprime un dubbio, ma è interessante notare che esso non si riferisce alla storia dello squalo e della perla, ma all'affermazione che l'ultimo pensiero di Peroz sia stato quello di nascondere ai nemici il suo gioiello, perché nessun uomo di guerra, nell'istante in cui si rende conto non solo di dover morire, ma anche di aver condannato la sua discendenza e tutto il suo esercito, penserebbe mai a una cosa simile.

Al contrario, quando si tratta di introdurre la favolosa spiegazione dell'origine della perla, Procopio non accenna a nessuna sorta di dubbio:
Vale la pena riportare la storia di questa perla, com'è riportato dai persiani, affinché non possa sembrare ad alcuno complessivamente incredibile (l'atteggiamento di Peroz - ndr).
Ed è particolare come il semplice accostamento della sconfitta di Peroz alla favola della perla renda i due fatti veri allo stesso modo, tanto da farli entrare entrambi nel dominio della Storia.

Prima di lasciarvi, oggi, mi scuso per il ritardo con cui ho postato. In vacanza, purtroppo, il tempo non ci appartiene, almeno non come vorremmo. E siccome almeno fino alla fine del mese non si torna a casa, chiedo pazienza anche per i prossimi ritardi, che sicuramente non mancheranno.




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