Non vorrei trasformare il blog in un diario di viaggio, ma della scorsa vacanza italiana mi sono rimasti nel cuore dei posti magici, luoghi in cui ho respirato la bellezza e il fascino delle epoche passate talmente a fondo da voler continuare a tornarci sopra per non perdere le impressioni che mi hanno lasciato.
Spoleto è stata uno di questi luoghi.
A Spoleto ci ero già stata: l'anno scorso, in una visita di mezza giornata in cui abbiamo visto poco e niente. Colpa della nostra scarsa organizzazione, ma anche della chiusura delle basiliche.
E poi ricordo una visita anni or sono, a cantare col coretto di allora musiche sacre e profane per non ricordo quale edizione del Festival dei Due Mondi. Di quella esperienza mi è rimasta l'immagine di gruppo della buona compagnia e il ristorantino in cui abbiamo gozzovigliato, oltre al riverbero di una stonatura epocale, la sera del concerto.
Della visita di questa estate ricorderò per sempre la rocca e la sua esposizione.
Piena di reperti interessanti, datati tra il IV-V secolo e il tardo medioevo, la sua unica pecca è quella di non aver nulla, ma proprio nulla dei miei goti, ma solo tanti artefatti di quei barbari longobardi.
Due sono state le cose che mi hanno davvero catturata della mostra e della rocca. O forse no, non solo due, ma di queste vorrei parlare.
Tunica e armi longobarde |
Trame pesanti, rozze, ma pratiche ed eleganti nella loro semplicità. In un angolo si trovano anche gli scampoli di tessuto lasciati in bella mostra per il curioso visitatore che si chiede come potessero risultare al tatto questi tessuti barbari. Ve lo dico io, ché quegli scampoli li ho tastati ben bene: ruvidi, sicuramente pruriginosi, adatti a pelli abituate a essere maltrattate.
Tra gli abiti dei guerrieri e quelli delle donne e dei bambini, compaiono anche le vesti dei nobili. Sobri ed eleganti. La cosa che ci ha colpito di più è stata la mancanza di colore dei tessuti.
Che i vestiti non dovessero essere proprio così neutri lo chiarisce bene il blog de La storia viva, con un bellissimo articolo apparso qualche giorno fa sulle passamanerie longobarde. Tuttavia il fascino della ricostruzione rimane innegabile.
L'arco che divide la Camera Pinta |
La seconda sala che mi ha lasciata davvero senza fiato è quella chiamata La Camera Pinta, decorata da due bellissimi cicli di affreschi databili tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400. Un arco centrale separa l'ambiente in due aree distinte. Una è affrescata con scene di amor cortese, e si suppone fungesse da camera da letto. L'altra sfoggia scene di vita cavalleresca e probabilmente serviva da studio.
Il cantuccio segreto |
Spoleto non si riduce alla rocca. C'è anche il bellissimo duomo di cui parlare, e l'anfiteatro romano, e il teatro romano chiuso per restauro... ma magari lo faremo l'anno prossimo, in occasione nel prossimo viaggio in Italia. Perché di sicuro Spoleto è una meta che val la pena di esplorare più e più volte.
E noi non mancheremo di farlo.
Insomma hai approfittato della vacanza per i tuoi fini storico-letterari :D
RispondiEliminaNo, in verità torno a casa SOLO per andare in esplorazione dei luoghi che appaiono nei miei lavori! :D
EliminaAdesso devo convincere mio marito a portarmi a Squillace, l'antica Scolacium, e a Gualdo Tadino, dove Totila, il re guerriero dei goti, è stato seppellito, e poi mi posso dire soddisfatta. Certo, prima andrebbe vista Pavia. E Osimo, Fiesole. E Verona! E Treviso! E... :D