lunedì 3 aprile 2017

Mosaici e narrazioni


Giustiniano imperatore, mosaico della chiesa di San Vitale, Ravenna.

Una delle forme artistiche che più mi affascinano da sempre è quella del mosaico. Accanto a quella dell'arte delle vetrate nelle cattedrali, certo. In entrambe, la cosa che mi cattura maggiormente è la capacità di creare giochi di luce e di colori partendo da un piccolo frammento monocromatico, a volte persino di scarsa bellezza. Eppure, quanto stupore e quanta meraviglia si genera nell'occhio di chi guarda, una volta messi tutti questi insignificanti frammenti insieme!
È allora che capiamo l'importanza delle cose belle per l'animo umano.

A pensarci bene, anche la narrazione è un mosaico. Tanti tasselli sparsi e riordinati sapientemente, di diverse sfumature e valore, eppure tutti fondamentali per il compimento dell'opera.
Così, come nel mosaico tipico bizantino abbiamo le tesserine dorate (che, guarda caso, vengono sempre utilizzate per gli sfondi, al fine di dare risalto all'immagine e creare uno spazio mitico intorno al soggetto), in una narrazione abbiamo l'idea luminosa che luccica e illumina la scena.


Ma l'idea luminosa non è nulla, a pensarci bene. Uno specchietto per le allodole, il puntino che perde valore se lasciato al suo destino. È tutto quello che il puntino è chiamato a illuminare, tutta quella massa di piccoli dati e informazioni anche noiosi che appaiono o scompaiono, è quello che anima una realtà spesso invisibile.

Devo ammettere che dimostrare l'effetto della potenza dell'idea e, allo stesso tempo, la sua marginalità è un'impresa che mi divertirebbe tentare. E allora, ho pensato, perché non provarci qui, su AD500?
Prendete, ad esempio, questa bella idea luccicante, un'informazione dorata come la seguente:

Tra il 2002 e il 2006, in quel di Torino, e più esattamente a Collegno, nell’ampio terrazzo fluviale di un’ansa della Dora, vennero avviati diversi lavori: la costruzione di un deposito dei treni della metropolitana prima e l'ampliamento del cimitero comunale poi. Durante gli scavi, sono state rinvenute un po' di anticaglie, reperti archeologici come se ne trovano tanti in Italia. I reperti variano per datazione: un canale di età tardo-romana, un villaggio di origine germanica (VI-VII sec., quindi) di cui si possono rintracciare le successive trasformazioni fino al XII secolo, e un paio di necropoli, una gota e una longobarda.

Non vorrei focalizzarmi sul villaggio in sé, e neanche sulle tombe longobarde, almeno non per il momento, ma mi piacerebbe guidare la vostra attenzione sulla necropoli di periodo goto.
Tra la fine del V secolo e il 560 circa, si insedia nel villaggio di recente costituzione una famiglia aristocratica gota che costruisce una piccola necropoli a poche decine di metri dalle abitazioni.

Planimetria della necropoli gota da Pejrani Baricco, 2007


Intorno a una tomba monumentale appartenuta al capo del gruppo, compaiono due sepolture maschili, due infantili e tre femminili, di cui due con ricchi gioielli e vesti decorate con broccato d’oro.
L'uomo, quello sepolto nella tomba monumentale, doveva avere un'età di oltre 50 anni, non aveva armi, ma solo due cinture chiuse da fibbie in bronzo dorato e in ferro. Aveva, inoltre, la cosiddetta “sindrome del cavaliere”, gambe storte, se vogliamo farla breve, causate da un intenso e costante addestramento equestre. Sicuramente un appartenente alla classe sociale più elevata, visto che la pratica delle armi era un tratto distintivo della nobiltà.

Un nobile, quindi, goto e oltre la cinquantina.
Ma non è tutto qui.
Perché la cosa più curiosa, l'informazione più stuzzicante del ritrovamento, quella che fa nascere l'idea, appare a mio avviso la seguente:
La deformazione cranica artificiale evidenziata in questo individuo e in uno dei bambini, ottenuta con bendaggi applicati fin dall’età neonatale, è frutto di una pratica del tutto estranea in Italia e invece diffusa nell’Europa centro-orientale tra V e VI secolo.
Questo lo comunica il sito di Museo Torino.

Non credo che a questo punto vi sorprenderà sapere che è questa la tesserina luccicante da cui uno dei miei racconti ha preso forma.
La prima, certo.

E tutte le tesserine di contorno?

Come immaginerete bene, sono tante, davvero tante, alcune talmente grige da essere noiose, altre scintillanti almeno quanto questa da cui tutto parte.

Se avrete la pazienza di seguirmi, ve ne mostrerò alcune tra le più interessanti, per poi raccontarvi la storia compiuta, quella ispirata da questa idea luminosa.

Prima di salutarvi e rimandarvi a lunedì prossimo per la prossima tesserina, vorrei ricordare brevemente le tesserine raccolte fino a ora:
  • un cranio deformato in una tomba gota, anzi due;
  • una pratica di deformazione auto inflitta non usuale in Italia. 
  • una pratica di deformazione auto inflitta dell'Europa centro-orientale, appartenente agli abitanti delle steppe.
No, non vi preoccupate, non ve lo dovete segnare, ci penserò io a ricordarvelo, di tanto in tanto.

Ma adesso basta chiacchierare. Vi lascio come allodole contente del loro specchietto, a rimirare la nostra tesserina e magari a girarci intorno. Chissà che a qualcuno non venga voglia di riutilizzarla, magari in modi inaspettati.



2 commenti:

  1. Mai sentito di questa pratica. Ci sono teschi o dipinti che mostrano le fattezze di quei volti?

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    1. Aspetta, aspetta, che ne riparliamo presto!

      Intanto questa e' la ricostruzione della fisionomia di una donna gota dell'Europa centrale, se non ricordo male, rimodellata a partire da un cranio.

      http://2.bp.blogspot.com/-sKfGY7Qp-ZE/U_xW3TZ7OxI/AAAAAAAAGsQ/bcT7VVLW1lA/s1600/ElongatedGoth_0.jpg

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