mercoledì 30 agosto 2017

La casa sull'abisso

La casa sull'abisso
Ogni tanto torno a interrogarmi su quale sia la formula vincente per scrivere un buon horror. E ogni tanto mi tuffo nella lettura di qualche antico sperimentatore del genere, tanto per capirne i trucchetti, e magari riutilizzarli a modo mio.
Non che io mi definisca scrittrice horror, al contrario. Tuttavia qualche volta gli spunti ti saltano alle spalle da soli (vedi il Myasnoy bor che poi ha dato il via alla scrittura di Arriva il crepuscolo) e allora sapere come sfruttarli al meglio diventa necessario.

Così, l'altra notte, nonostante le interruzioni di una bambina sconvolta dagli incubi e un marito particolarmente in vena di chiacchiere, sono finalmente riuscita a finire un piccolo romanzetto che pare abbia avuto grande risonanza sull'opera di H. P. Lovecraft e, in particolare, sui suoi miti di Cthulhu: La casa sull'abisso di William Hope Hodgson.

Non posso dire di essere uscita dall'esperienza particolarmente illuminata e, se non avessi letto in precedenza le avventure del suo detective del soprannaturale Carnacki, credo che avrei classificato W. H. Hodgson come incompatibile con i miei gusti. Del resto richiama parecchio alla mente H. P. Lovecraft, o almeno le impressioni che ne ebbi quando lo lessi. Non mi ripudiate, adesso, se vi confesso che quelle impressioni non furono tra le più esaltanti.

In soldoni, qui di seguito la trama de La casa sull'abisso.

Tutto parte dal ritrovamento di un manoscritto tra i ruderi di una casa misteriosa aggrappata al bordo di un crepaccio inquietante. Sul manoscritto c'è la storia dell'ultimo proprietario dell'amena costruzione e delle sue esperienze mistico-soprannaturali vissute nella casa stessa, o forse a causa della casa. Ci troviamo: viaggi nel tempo alla Wells, ma senza macchine del tempo, demoni-bestie mitologiche, inferni e paradisi.

Vista la premessa, non negherò l'evidenza e confesserò che più di una volta ho corso il rischio di cadere addormentata tra una pagina e l'altra. E che di tutto il libro, la parte che mi ha più incuriosito è stata una considerazione banale scaturita da un paio di frasi messe lì per descrivere un rumore.

Si sa, i rumori sono le bestie più rognose da far rivivere nell'immaginazione del lettore, specialmente se devono incutere raccapriccio e orrore. Eppure W. H. Hodgson ci gioca molto spesso: li usa per aggiungere spavento all'orrore, e nella maggior parte dei casi ci riesce anche bene.
Quandolo scrittore si ritrova a dover spiegare la natura del fioco sibilo che pian piano aumenta d'intensità fino a trasformarsi in un urlo soffocato, diventa naturale aspettarsi una similitudine, tanto per aver un indizio concreto a cui associare il suono. E lui ci accontenta subito:
Mi ricordò il lontano, rombante stridore del traffico su una gigantesca strada...
Ok, si chiede allora il lettore attento. Ma quale rumore faceva il traffico in una grande strada agli inizi del XX secolo? Qualcosa mi dice che la percezione che avevano a quell'epoca del traffico fosse vagamente diversa da quella che suggerisce la mia esperienza di cittadina del XXI secolo.
Tuttavia non è il caso di rimanerne perplessi, perché Hodgson non è uno sciocco, forse non tutti sono proprio familiari con il traffico delle grandi strade e lui se ne rende conto; e allora ci dona un'altra similitudine da cui sicuramente ogni lettore potrà trarre maggiore comprensione:
o lo scattante vibrare della molla di un pendolo che si stesse scaricando.
Ecco, appunto.

Non so voi, ma la mia esperienza con la pendola si riduce a un lontano rintocco inopportuno, spiato dal lettino della mia infanzia, probabilmente proveniente dall'appartamento di non so quale vicino del piano inferiore.

E tra riflessioni sullo scorrere del tempo capace di cancellare esperienze e conoscenze ritenute banali in altri tempi, e ruminamenti su quanto un testo, comprensibilissimo e godibilissimo in un'epoca, possa diventare indecifrabile non tanto per la trasformazione dei gusti, quanto per piccoli dettagli senza importanza, ho finalmente terminato una lettura che definire pesante per i miei gusti è dir poco.


Se volete una recensione de La casa sull'abisso un poco più esaustiva (ed entusiasta), andate a vedere cosa ne pensa L'antro della cultura.
Se invece volete leggervelo, ma non lo avete sotto mano, su youtube c'è l'audio a puntate, così potete godervelo anche in viaggio. O forse meglio di no. Dovesse fare l'effetto che ha fatto a me... 

E adesso ve lo confesso candidamente: se doveste chiedere a me un consiglio di lettura su W. H. Hodgson, La casa sull'abisso, quella da cui Lovecraft ha ripreso i suoi miti ecceteraeccetera, non sarebbe il titolo che per primo mi verrebbe alle labbra.
Carnacki, il cacciatore di fantasmi: sarebbe quello il nome. Non nella traduzione pietosa che si trova a due soldi su Amazon, mi raccomando.
Ma di Carnacki ne riparliamo magari in un altro post, un'altra volta. 





2 commenti:

  1. Mah, a me era piaciuto. Non da farmi impazzire, però era piaciuto e leggerò altro di Hodgson.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, ma io sono una lettrice particolare. Pensa che nemmeno Lovecraft mi dice granché.
      :)

      Elimina